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SPLIT: LA RINASCITA DI M. NIGHT SHYAMALAN

Scritto da Damiano Crosina 17 Febbraio 2017

Photo by courtesy of Universal Pictures

A volte un regista può soccombere sotto il peso del suo stesso nome. O almeno questo stava capitando negli ultimi anni a Night Shyamalan. Consacrato nell’olimpo dei maestri del cinema con Il Sesto Senso (con il quale ottenne giovanissimo una candidatura all’Oscar per Miglior Regia), ha sempre faticato a reggere le altissime aspettative che il pubblico e la critica riponeva nei suoi confronti, incappando in vari incidenti di percorso (After Earth e The Visit i più recenti) che ne hanno minato il lustro e ridimensionato la nomea. Split invece segna l’inizio di un’inversione di rotta da parte del regista, preannunciandone la rinascita.

La storia segue le vicende di Casey (una riflessiva e ombrosa Anya Taylor-Joy) e di due sue amiche (Jessica Sula e Haley Lu Richardson) che vengono rapite da un malintenzionato di nome Kevin in un parcheggio per poi essere sedate e richiuse in una labirintica e fatiscente struttura sotterranea. Presto queste si ritroveranno faccia a faccia con le varie personalità del loro rapitore che soffre di disturbo da personalità multipla e tenteranno di trovare una via di fuga dall’incubo in cui si sono ritrovate.

Photo by courtesy of Universal Pictures

Il rapitore delle ragazze è un insieme di personaggi molto complessi e diversi fra loro, che lottano per venire alla luce ottenendo il controllo del corpo in cui albergano per poter agire. C’è un bambino di dieci anni, una donna fredda e inflessibile, un estroso ed effemminato stilista, un uomo calcolatore e spietato e tanti altri. James McAvoy nel portare in scena questo insieme di personaggi sembra oscillare pericolosamente tra il sublime e il ridicolo (colpa forse di un doppiaggio italiano non proprio eccelso) ma indubbiamente ammirabile è la sua malleabilità nell’uso del corpo, che pare restringersi e dilatarsi in funzione del personaggio che interpreta.

A seguire il paziente affetto da disturbo dissociativo dell’identità c’è una psichiatra (Betty Buckley) che finisce per sottostimare il suo potere distruttivo in quanto troppo affascinata dai risvolti psico-fisici della sua malattia. Kevin (o, per meglio dire, una delle sue personalità) infatti la mette in guardia riguardo l’avvento di un’ulteriore personalità chiamata Bestia (una sorta di essere sovraumano con forza e agilità straordinarie) che dovrebbe rappresentare un passo avanti nell’evoluzione umana. Proprio per la negligenza della dottoressa, la giovane Casey si troverà a dover fronteggiare la Bestia, in uno scontro che mostrerà come sotto sotto vittima e carnefice siano molto più simili di quanto si possa credere.

Photo by courtesy of Universal Pictures

Con Split Shyamalan riesce ad ottenere ciò che da tempo cercava di fare senza successo: un film valido. Forse riesce nella sua impresa proprio perché non ci prova disperatamente: nessuna ricerca a tutti i costi di un finale stravolgente e nessuna rincorsa al plot twist a tutti i costi, semplicemente una storia oscura, per certi aspetti quasi banale, ma che funziona. Libero dai vincoli che le grandi case di produzione impongono, Shyamalan riesce a mettere a buon frutto gli 8 milioni del budget dando libero sfogo alle potenzialità narrative e formali del mezzo cinematografico, dimostrando ancora una volta che non sono necessarie cifre esorbitanti per realizzare un buon film. In definitiva Split è un film non certo perfetto, ma godibile e bello da vedere.

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